The Afghan Girl. Protocolli della visione

A partire dalla celebre foto di Steve McCurry, il National Geographic ha proceduto, nei primi anni 2000, ad una “avventurosa” ricerca di Sharbat Gula, questo il nome del soggetto ritratto. Per verificare, ad anni di distanza dallo scatto, la corrispondenza tra la profuga fotografata e la donna pashtun finalmente identificata come “The Afghan Girl”, il team del National Geographic si è avvalso di un sofisticato strumento tecnologico, già in uso in ambito criminologico, noto come Iris Scan http://www.cl.cam.ac.uk/~jgd1000/math.html. L’Iris Scan è infatti un modello di identificazione biometrica basato su un algoritmo messo a punto da John Daugman, docente di Computer Vision and Pattern Recognition presso l’università di Cambridge.

Il fine della presente ricerca è pertanto volta ad individuare il confine tra verifica scientifica ed esperienza sensoriale intuitiva. Tale indagine, comporterà un’approfondita investigazione delle potenzialità conoscitive legate alla pratica artistica e dell’eventuale conflitto che essa instaura con modalità di verifica sperimentale quando si tratti di “misurare”, riconoscere o individuare soggettività umane. In questo modo, ci si soffermerà sul vecchio discorso, magistralmente impostato alla fine degli anni Settanta da Carlo Ginzburg nel suo Spie. Radici di un paradigma indiziario, circa la superiorità dell’occhio umano nella rilevazione di tratti discriminanti dei volti: l’occhio nudo «è più sensibile alle differenze (magari marginali) tra gli esseri umani che non a quelle tra i sassi e le foglie».